fbpx

Mostra “I soinares de CARLET” | Dal 27 ottobre al 5 novembre, Il Quartiere

Venerdì 27 ottobre dalle ore 20.30 presso Il Quartiere – Ex Caserma Musso (Piazza Montebello 1) si inaugura la mostra I SONAIRES DE CARLET, 100 DIPINTI dei suonatori della Val Vermenagna. La serata prevede un concerto inaugurale con le musiche COURENTE VALLE VERMENAGNA

Bruno “Carlet” Carletto, vernantino classe 1948, è stato l’autore, asssieme a Bartolomeo “Meo” Cavallera dei circa duecento murales di Pinocchio che adornano le case di Vernante dalla fine degli anni ’80. Lui è questo, ma non solo. La sua passione per la pittura lo ha portato a dipingere anche innumerevoli scorci, scene di vita e personaggi di Vernante e della Valle Vermenagna. Da questo primo archivio è poi
nata l’idea di raccontare per immagini, dipinte con la tecnica della tempera acrilica su tavole lignee, i volti della tradizione. I dipinti
non sono solo un “album delle figurine” o una semplice raccolta di immagini, ma una finestra privilegiata dove guardare le varie umanità, i caratteri, i vizi e le abitudini dei suonatori. Si passa dalla fierezza di “Beppe e Severin” e “Titin”, che negli anni dove tutto veniva dimenticato ed accantonato continuarono a mantenere alta l’attenzione ed a “diffondere il verbo”, allo stile di “Giò dal Nasiunal” fiero in posa con la sua
fisarmonica con i colori del suo amato Torino, alla riservatezza tipica dell’alpinista di Spirito Pettavino o allo sguardo complice di Albert, pronto a “suonarne una” appena l’occasione si fosse presentata. Tutti assieme quindi, dai primi anni del secolo scorso ai giovani dei nostri giorni; anziani e giovani, uomini e donne, perché non ci sono steccati né regole quando si tratta di suonare e ballare una Correnta o un Balet in Valle Vermenagna.

LA VALLE DELLA CORRENTA

La cultura popolare, a tutte le latitudini, ci riserva incredibili sorprese: miniere nascoste di creatività, fantasia, vitalità e di quella gioia esistenziale sedimentatasi nei secoli attorno a una visione “antagonista” del mondo. Quella delle classi popolari. Una convinzione grossolana e superficiale, purtroppo molto diffusa, tende a identificare la cultura popolare, soprattutto quella contadina e paesana, con l’idea di una bolsa e stantia fragilità. Il pensiero e le parole degli sconfitti, i “vinti” inchiodati come fossili a un’arcaicità senza ragioni di esistere nell’attuale, senza una forza che non sia quella del lavoro, gli spettatori attoniti davanti alla parata trionfale di un presente assoluto e totale, concepito in un altrove cui non hanno avuto e non hanno alcun accesso. Al massimo comparse di una narrazione da pro loco, fatta di sagre ed ebeti sorrisi folkloristici. Non è proprio così. Esiste, stoica e orgogliosa, tutta una rete silenziosa di realtà che non solo si pongono come ponte tra il passato e il futuro nel continuare tradizioni, ma, “vivendo nascoste”, dimostrano una vitalità e una potenza che pochi riescono a immaginare. E tutto è musica viva. Ci basta andare ad ascoltare i giovani organettisti calabresi, laziali, lucani oppure le nuove generazioni di musicisti sardi, i pifferai delle quattro province, i percussionisti di tutto il sud Italia per capire che la musica popolare è tutt’altro che materiale geriatrico in fase agonica. Nel nostro nord, una realtà che sta dimostrando di avere molto da dire è quella delle Valli Occitane. La Val Vermenanha è forse il cuore e il totem (spesso inconsapevole) di questo mondo. Una valle relativamente corta, con solamente quattro comuni, percorsa da un’importante e antica via di passaggio verso l’altro versante alpino, sede, nella parte alta, di uno sviluppo turistico/edilizio selvaggio, degradante, coloniale, nella parte bassa di un’industrializzazione che, a scavare con attenzione, non si è rivelata così estranea al mantenimento del patrimonio culturale (l’atra zona d’òc che ha mantenuto vitale la danza è quella delle valli Cluson e San Martin, a loro volta storicamente industrializzate, con un conseguente minore tasso di spopolamento). In Val Vermenanha, la musica è “la musica”: le Correntes e i Balets. Non esiste occasione di festa in cui la colonna sonora dello stare insieme, del socializzare, del condividere non sia rappresentata dall’esecuzione di questi due balli (con una decisa predominanza della Correnta). Eseguiti soprattutto da “clarineta e armòni”, clarinetto e fisarmonica cromatica a bottoni, che hanno soppiantato il “semiton”, fisarmonica diatonica (ultimamente in ripresa revivalistica), possono contare su un’incredibile varietà di melodie. E su una vasta schiera di suonatori che esercitano la propria arte in tutte le situazioni che richiedano la loro presenza: feste patronali dei capoluoghi, “festìn” delle frazioni, feste di leva, matrimoni, battesimi ecc. Sono i suonatori della comunità e continuano a svolgere la loro funzione non per vetrine folcloristiche ma per sancire con l’allegria orgogliosa della loro musica, sempre in modo maggiore, i momenti conviviali della vita sociale. Come avviene chissà da quando, forse dai tempi in cui si saliva al Monte Bego per incidere graffiti. In ogni caso, questa valle d’òc rimane uno dei più importanti e vivi santuari europei della musica popolare.

Sergio Berardo